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Bonus 110%, i lavori nei condomini vanno divisi in millesimi

Bonus 110%, i lavori nei condomini vanno divisi in millesimi

Il rebus del voto per pagare i lavori

Condomini minimi ed ecobonus 110%: come si procede per la ripartizione delle spese in relazione a interventi e a lavori eseguiti secondo le regole della maxi detrazione fiscale? È solo l’ultima, questa, di una serie di domande che sono arrivate in questi ultimi giorni all’Agenzia dell’Entrate. E ancora una volta il quesito fa riferimento a un caso condominiale, la tipologia di immobili sempre più sotto la lente del Fisco e al momento con il numero di cantieri bloccati più alto proprio per via della difficile e variabile interpretazione delle norme da applicare.

Non solo sotto il profilo giuridico-normativo della legge, ma spesso anche dal punto di vista procedurale, come si approva una delibera, con quali voti, con quale tipo di maggioranza.

La ripartizione dei vantaggi ecobonus nei condomini è solo un degli aspetti controversi. Probabilmente anche il più generale: la domanda iniziale, in particolare chiedeva se in questi casi relativi alla ripartizione delle spese si seguirà la prassi del numero di unità immobiliari possedute o potrà essere ripartita mediante i millesimi di proprietà?

La risposta dell’Agenzia, più volte, è stata sempre coerente: per l’Ecobonus al 110% di cui abbia beneficiato l’intero condominio, il criterio generale è la suddivisione in millesimi.

La Guida dell’Agenzia delle Entrate precisa anche però che l’assemblea condominiale può prevedere diversi criteri. Per gli interventi sulle parti comuni degli edifici – si legge, infatti nella risposta del Fisco -, ogni condomino godrà della detrazione calcolata sulle spese imputate in base alla suddivisione millesimale degli edifici, o secondo i criteri individuati dall’assemblea condominiale.

Criterio diverso, invece, per quanto riguarda i lavori effettuati sulle singole unità immobiliari: in questo caso ognuno pagherà i costi degli interventi relativi alla propria competenza. In questo caso, infatti, è possibile solo se l’intervento viene effettuato da persone fisiche non nell’esercizio dell’attività di impresa. Se quindi il singolo appartamento è di proprietà o comunque detenuto con un titolo idoneo (ad esempio, un contratto d’affitto) da una persona fisica, si può utilizzare il superbonus al 110%.

Se invece ad effettuare i lavori è un impresa o una partita Iva, l’Ecobonus può essere utilizzato solo nel caso in cui i lavori vengano effettuati dall’intero condominio.

La precisazione era già contenuta nella legge che ha istituito il superbonus del 110%, il famoso decreto Rilancio (articolo 119 decreto legge n. 34/2020, e che prevede il diritto alla detrazione su singole unità immobiliari solo per le persone fisiche al fuori dell’attività professionale o di impresa.

E viene ribadita dalla Guida dell’Agenzia delle Entrate, che dettaglia anche quali sono i soggetti con diritto alla detrazione in base al titolo abitativo.

Si tratta, in particolare, del proprietario, del nudo proprietario o del titolare di altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie), del detentore dell’immobile in base ad un contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato, regolarmente registrato, in possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario nonché dei familiari del possessore o detentore dell’immobile.

Quindi, in tutti i casi presi in considerazione, se il soggetto che effettua i lavori – e non è necessariamente il proprietario dell’immobile - è una persona fisica fuori dall’esercizio di attività professionale o di impresa, può utilizzare il superbonus per i lavori su una singola unità immobiliare.

Il Fisco, intanto, ha colto l’occasione anche per ribadire quelli che sono i tetti di spesa legati a questa tipologia d’interventi. I limiti di spesa, a cui si applica il Superbonus al 110%, ripartito in cinque quote annuali di pari importo, per gli edifici condominiali sono i seguenti:

  • 40mila euro, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, se lo stesso è composto da due a otto unità immobiliari;

    30mila euro, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, se lo stesso è composto da più di otto unità immobiliari.

Intanto, però, l’Agenzia è tornata sul caso del quorum necessario per l’approvazione delle delibere di condominio. Partendo al disposto del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104. Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia, con entrata in vigore 15/08/2020, articolo 63, viene ribadito che il decreto ha previsto che le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al superbonus 110% sono valide se approvate “con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”.

Alla luce della nuova disposizione legislativa sembrerebbe che anche le minoranze condominiali, a discapito delle maggioranze millesimali, potrebbero deliberare lavori di notevole entità, se tra quelli agevolati con il superbonus 110%.

In realtà non è sempre così, e qui si apre un caso di controversa giuridica. Innanzitutto perché la nuova norma sembrerebbe contrastare con quanto prescritto dal quarto comma dell’articolo 1136 del Codice civile secondo cui le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo. Quindi: sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Inoltre la Giurisprudenza di legittimità ha chiarito da tempo il principio maggioritario- Cassazione Civile sezione II (Sentenza n°6625 del 05/04/2004): “Non è, infatti, sufficiente che la maggioranza dei votanti a favore sia rappresentativa di almeno di un terzo del valore, ma è necessario altresì che coloro che abbiano votato contro l’approvazione non siano rappresentativi di un valore maggiore rispetto agli altri, anche se numericamente inferiori. In sostanza occorre che la maggioranza sia tale non solo relativamente al numero dei votanti a favore, ma anche relativamente al valore del bene da essi rappresentato”.